Gli alimenti ultra-processati: un dibattito aperto

Il consumo di alimenti cosiddetti “ultra-processati” sta riscuotendo molta attenzione, sia a livello scientifico che mediatico, a causa della possibile relazione tra il loro consumo e l’aumentato rischio di insorgenza di patologie e mortalità.

Ma quando parliamo di prodotti ultra-processati, a cosa ci riferiamo?

La classificazione internazionale NOVA, proposta qualche anno fa, individua quattro gruppi per classificare gli alimenti sulla base del livello di lavorazione e trasformazione che subiscono. Gli alimenti ultra-processati rientrano nel 4° livello, il più alto. In questo gruppo sono presenti, per esempio, alcuni prodotti da forno, gli snack dolci e salati, piatti pronti a base di carne, pesce e verdure, carne e pesce processati (crocchette, hot dog, hamburger, bastoncini di pesce) e dolciumi.

Negli ultimi anni, il consumo di alimenti ultra-processati e l’impatto sulla salute è stato messo in evidenza, ma la letteratura scientifica sul tema è ancora insufficiente per trarre conclusioni certe. Se da una parte recenti studi osservazionali mostrato l’associazione tra un elevato consumo di questi alimenti con alcuni marcatori di rischio cardio-metabolico, con il rischio di eventi cardiovascolari e con la mortalità in generale, dall’altra vi è una scarsità di studi sperimentali finalizzati a stabilire in modo puntuale questa relazione.

Quale è il possibile motivo che sta alla base della relazione ad oggi osservata?

Nonostante non ci siano ancora risposte chiare, il più scarso profilo nutrizionale di questi alimenti potrebbe essere la causa del potenziale impatto negativo sulla salute. Se da un lato, infatti, l’industria alimentare ha apportato miglioramenti per aumentare la conservabilità di prodotti, la loro sicurezza e la disponibilità di alimenti a basso costo, dall’altro i processi di trasformazione applicati sembrano avere influenzato negativamente la loro qualità nutrizionale complessiva.

Gli alimenti ultra-processati presentano, in generale, una qualità nutrizionale più ridotta rispetto ai corrispondenti alimenti meno processati, perché caratterizzati da una densità energetica più elevata, da un maggior contenuto di zuccheri, grassi e sale, oltre che essere meno abbondanti di fibra e micronutrienti quali vitamine e minerali. Inoltre, questi prodotti possono essere maggiormente ricchi di composti che si generano durante l’applicazione dei processi di lavorazione stessi. Come la formazione dell’acrilammide, tra i “probabili cancerogeni” per l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che si forma durante la cottura ad alte temperature di alcuni alimenti come, per esempio, biscotti e patatine fritte.

Quali strategie adottare a tavola?

Se è vero che gli alimenti ultra-processati, qualora consumati in eccesso, possono ridurre la qualità globale della nostra dieta, è necessario non demonizzare a priori questa categoria di alimenti. Classificare gli alimenti sulla base del trattamento che subiscono può risultare limitante, soprattutto in alcuni casi. È inoltre importante rifocalizzare l’attenzione sull’importanza della qualità che il regime dietetico complessivo deve avere, senza imputare ai singoli alimenti proprietà iper-salutistiche o iper-dannose per la salute.

La scienza, in futuro, potrà chiarire meglio la relazione tra il consumo di alimenti ultra-processati e la salute. Nel frattempo, non dimentichiamoci dell’importanza di una lettura corretta e attenta dell’etichetta dei prodotti alimentari per poter scegliere, tra l’ampia offerta in commercio, gli alimenti con le migliori caratteristiche nutrizionali!

Redatto da: Margherita Dall’Asta – Ricercatrice Scienze Nutrizione Umana
Rossella Dodi -Biologa nutrizionista

Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore