Il latte e la carne sono alimenti sostenibili?
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un crescente interesse da parte dei consumatori e dell’opinione pubblica verso le tematiche di carattere ambientali e di sostenibilità delle produzioni zootecniche. Il mondo agricolo è fondamentale nel fornire alimenti per la crescente popolazione mondiale che, secondo la FAO1, sarà di circa 9,6 miliardi di persone nel 2050. Soddisfare la crescente domanda di prodotti di origine animale, la sicurezza alimentare e la nutrizione del pianeta sono i tre principali obiettivi del mondo agricolo-zootecnico.
Come si approccia il consumatore al mondo zootecnico?
Parte dei consumatori percepiscono l’allevamento animale come abuso di agro-farmaci, deforestazione, inquinamento e competizione nell’utilizzo delle risorse e degli alimenti. Secondo uno studio FAO1, l’86% degli alimenti impiegati per l’alimentazione degli animali da reddito non è adatto all’alimentazione umana. Lo stesso studio rivela che dei 2,5 miliardi di ettari di terreni destinati alla produzione di alimenti per il bestiame, il 77% è rappresentato da prati, ed in parte da pascoli che non possono essere convertiti in terreni coltivabili e che quindi vengono già in parte impiegati per attività di pascolamento, perché non potrebbero avere altro utilizzo. La realtà, quindi, è ben diversa dalla percezione, infatti i ruminanti (principalmente bovini da latte e bovini da carne) vengono alimentati con sottoprodotti e co-prodotti dell’industria molitoria ed olearia, quali cruscami derivati dalla lavorazione del grano e farine di estrazione di olio di soia, girasole e colza, non entrando quindi in una competizione alimentare diretta con l’uomo. I sottoprodotti vengono considerati scarti di lavorazione che, se non impiegati in alimentazione animale, andrebbero smaltiti e questo rappresenterebbe una perdita in termini economici ed una mancata valorizzazione ambientale. Il settore zootecnico li valorizza trasformandoli in prodotti alimentari ad elevato contenuto di nutrienti e proteine. L’allevamento di ruminanti può quindi essere definito un sistema di economia circolare di tipo biologico costituita da flussi di materiali nella biosfera.
Ma qual è il vero rapporto tra allevamento ed ambiente?
L’allevamento bovino, in particolare, viene ritenuto uno dei principali settori responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra, i cosidetti Greenhouse Gases (GHG), ed altri inquinanti nell’ambiente. Secondo ISPRA2 il settore agricolo nazionale rappresenta circa il 7% delle emissioni di GHG, di questo il 79% delle emissioni derivano dal settore zootecnico. Pertanto, a fronte di un effettivo impatto sull’ambiente, questo è comunque contenuto. A farla da padrona sono le emissioni di metano che derivano in gran parte dall’attività digestiva in ruminanti e dalla gestione degli effluenti di allevamento. Molti studi affermano come l’attività zootecnica rappresenti la fase più impattante all’interno della filiera di produzione del latte e della carne, ciononostante è possibile mitigare e ridurre le emissioni legate all’attività agricola e zootecnica.
Quali accorgimenti si possono adottare?
Le strade possono essere tante, prima tra tutte migliorare l’efficienza produttiva e la qualità di latte e carne, a seguire adottare azioni di mitigazione delle prestazioni ambientali a più livelli: stalla, colture, gestione degli effluenti di allevamento. Per fare alcuni esempi: favorire un buon livello di benessere degli animali in allevamento, adottare piani colturali che permettano di ridurre l’impiego di acqua per l’irrigazione, prodotti fitosanitari e concimi di sintesi, ottimizzare l’impiego degli effluenti di allevamento con l’utilizzo di tecniche di distribuzione in campo che riducano le emissioni dirette ed indiretti di GHG e di odori.
Come possiamo individuare le criticità all’interno di un settore produttivo?
Nell’ottica di uno sviluppo agricolo ed agroalimentare sostenibile vi è una metodologia dal nome Life Cycle Assessment (LCA), ovvero studio del ciclo di vita, che permette di analizzare il sistema produttivo, definendo gli obiettivi dello studio, stimando le prestazioni ambientali al fine di individuare gli impatti ambientali lungo tutta la filiera produttiva o parte di essa. Molte aziende agroalimentari, compresi i consorzi di tutela dei prodotti DOP, stanno adottando questo metodo per certificare e comunicare in modo trasparente e volontario gli impatti ambientali ai propri stakeholder, ottenendo sempre più forza comunicativa verso il consumatore finale.
Qual è il ruolo del consumatore nel ciclo di vita di un prodotto?
Anche il consumatore può contribuire a ridurre l’impatto ambientale di latte e carne stando attento alla loro conservazione ed alla data di scadenza, evitando il tal modo inutili sprechi alimentari.
Redatto da: Federico Froldi e Maurizio Moschini
Dottorando di ricerca e Professore associato
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore