Il menù delle feste tra tradizione e innovazione
Intervista Natalizia
Il Natale si avvicina e come ogni anno l’atmosfera tipica di questo periodo abbraccia tutti quanti e ci spinge a fare un tuffo nelle tradizioni, anche a tavola. Ma quali sono i prodotti gastronomici tipici e le usanze del nostro Paese? Per l’occasione, abbiamo deciso di intervistare un esperto in materia, il Prof. Davide Mondin, docente di “prodotti tipici e certificazioni” dell’Alma, la scuola internazionale di cucina, che ha sede a Colorno, in provincia di Parma.
Prof. Mondin, ci parli un po’ delle tradizioni gastronomiche nel periodo natalizio in Italia: quelle più particolari e le tendenze nazionali.
Se penso alla Vigilia di Natale, storicamente si è sempre cercato di conciliare l’esigenza di comportarsi con una certa sobrietà e magari mangiare “di magro” con la voglia comunque di festeggiare. Perché è sempre la vigilia di un giorno importante. Per rispettare entrambe queste esigenze, tradizionalmente, ove possibile, spesso si sceglie un menù a base di pesce. E qui si vede come un tempo il “km0” non fosse certo un limite da rispettare all’insegna della sostenibilità, se solo si pensa a come non creasse alcun problema l’uso di tipologie spesso provenienti da zone lontane, come ad esempio lo “scopetòn” veneto (saracca dei mari del Nord conservata sotto sale) o l’onnipresente baccalà. L’occasione della festa, anzi, stimolava ad acquisti e consumi di fatto negati durante il resto dell’anno. Ad ogni modo, anche in questo clima di festa non ci si poteva permettere di sprecare alcuna risorsa ed è per questo che in molte zone (specie del Nord-Est) la porzione di carne usata per preparare il brodo in cui far cuocere paste ripiene di vario tipo e nome finiva sovente per essere “riciclata” come componente della loro farcia, dando vita a sapori certamente meno spiccati rispetto a quelli ottenibili dall’uso di arrosti e salumi.
Nell’Italia centrale e meridionale la situazione più o meno era la stessa poiché la maggior parte della popolazione per secoli ha dovuto confrontarsi con lo spettro della fame e ha cercato di sottrarvisi sfruttando le risorse a disposizione, tra le quali un tempo così come oggi spiccano i vegetali, i farinacei e il pesce. Tra i prodotti ittici, vale la pena di nuovo citare il baccalà, ben radicato nella cultura ebraica, valorizzato in un’infinità di modi (all’insalata, fritto, ecc.) e avvertito come “identitario” in molti contesti benché si tratti di un prodotto certamente non del territorio, come avviene nel caso del cioccolato di Modica, del caffè espresso a Napoli, ecc.
Che cosa può dirci invece del panettone, il Re del Natale, che ormai è entrato nelle case di tutta Italia?
Sapete quali sono i Paesi del mondo in cui producono e consumano le maggiori quantità di panettone? Perù e Brasile, dove rappresenta uno dei dolci nazionali!
Un tema di cui oggi si sta discutendo è la de-stagionalizzazione del panettone, cioè la possibilità di reperirlo in commercio anche in altre stagioni dell’anno. Spingono verso questa direzione autorevoli personaggi come Davide Paolini, che da tempo ne promuove tra i ristoratori e i consumatori il consumo non solo a Natale sostenendo che non ci si debba porre alcun limite “culturale” in tal senso e che anzi il prodotto risulti molto gradevole soprattutto nei mesi caldi, quando la temperatura è tale da non richiedere di scaldarlo per ammorbidire il burro in esso presente. Non manca però chi fa notare come anche la “attesa” sia parte dell’esperienza, sicché sarebbe un peccato inflazionare il consumo di questo prelibato dolce spalmandolo durante tutto l’anno e perdendo così il piacere di associarlo solo al Natale.
Oltre al pandoro e al panettone ci sono altri dolci simbolo del Natale?
Certamente il torrone.
Dove nasce il torrone?
Sul piano dell’immagine del prodotto, Cremona sembra la progenitrice e per molti appunto solo quello cremonese è “originale”. Tuttavia, si tratta di un dolce la cui tradizione si è sviluppata in tanti posti diversi, più o meno contemporaneamente. Ci sono prove interessanti che il torrone fosse già presente in epoca viscontea, quindi a Milano, ma è anche vero che l’uso di mandorle e miele è un indizio che non può far pensare anche alla cultura araba. Ecco allora che troviamo torrone ovunque: in Piemonte, in Sicilia, a Benevento, in provincia di Avellino, all’Aquila. Non si può inoltre scordare la Sardegna (dove si trovano tipologie di consistenza sabbiosa, non a caso simili a quelle catalane) e il Veneto, dove si produce il mandorlato, “parente” stretto del torrone!
I piatti della tradizione natalizia di “una volta” sono quelli di oggi?
Mi verrebbe da dire… meno male no! Quasi sempre ci si aspira a “preparare i cibi di una volta” puntando al rassicurante obiettivo di agire nel confortevole solco di “come si è sempre fatto”. Forse sarebbe meglio considerare i cibi come prodotti che si evolvono: dovremmo sapere il loro passato, ma anche come poterli adeguare al presente per non scomparire e adattarsi al mutamento dei gusti. D’altra parte, anche volendo riproporre una specifica versione del passato, ci si scontrerebbe con l’impossibilità pratica di disporre esattamente delle “stesse” materie prime reperibili di allora. Ciò non significa che ci si debba comportare come banderuole al vento, senza sapere da dove veniamo e sempre pronti ad accogliere qualunque influsso esterno solo perché apportatore di novità. Bisogna individuare il DNA dei prodotti e delle ricette e, senza cambiarlo, esse vanno aiutate a crescere e ad adeguarsi alle nuove esigenze. Se davvero amiamo la nostra tradizione, appunto per il suo bene, dobbiamo aiutarla a rendersi continuamente appetibile: la dobbiamo trattare come un giardino da coltivare (altrimenti muore), non come un museo pieno di oggetti inerti da spolverare!
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Un sentito ringraziamento al Professor Mondin, che con questa intervista ci ha fatto entrare nel vivo delle feste e tradizioni gastronomiche natalizie del nostro paese. Buon Natale a tutti!
Redatto da: Rossella Dodi – Biologa nutrizionista
Margherita Dall’Asta – Ricercatrice di Nutrizione Umana
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore