L’agricoltura 4.0

Negli ultimi decenni i progressi tecnologici agricoli nei paesi industrializzati hanno, da una parte elevato il livello di produttività e migliorato la sicurezza alimentare, dall’altra hanno contribuito all’aumento delle emissioni di gas serra. Il settore alimentare infatti è responsabile del 22% delle emissioni di gas serra e del 30% del consumo totale di energia. Tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals_SDGs) dell’agenda 2030, un programma d’azione per il pianeta sottoscritto dall’ONU nel 2013, sono presenti anche le produzioni e il consumo di alimenti sostenibili (unric.org).

L’agricoltura e l’allevamento intensivo sono pratiche in cui vengono utilizzati i fertilizzanti chimici, prodotti fitosanitari e antibiotici e che prevedono un elevato sfruttamento delle risorse idriche, causando, tra le altre cose, perdita di biodiversità, erosione dei terreni, inquinamento idrico e atmosferico che, associati alla tendenza a produrre e consumare di più rispetto alle risorse annue che la terra è in grado di “rigenerare”, determinano l’inesorabile anticipazione del cosiddetto overshoot day (www.overshootday.org). Nel 2021 l’overshoot day, ovvero il giorno dell’anno in cui la popolazione finisce le risorse naturali per quel dato anno, è stato il 29 luglio. Ciò vuol dire che attualmente sfruttiamo l’equivalente di 1,7 pianeti per poter vivere. È chiaro che il modello attuale non è sostenibile per l’ambiente e di conseguenza per noi.

L’agricoltura sostenibile viene definita come “la produzione di alimenti che fa il miglior uso dei beni e dei servizi offerti dalla natura senza danneggiarli, in cui viene promossa la biodiversità, il ricircolo di nutrienti delle piante, la protezione del suolo dall’erosione, la conservazione e la tutela delle acque, la lavorazione minima del terreno, l’uso minimo di prodotti chimici e fertilizzanti di sintesi e l’integrazione tra agricoltura e allevamento in azienda”. Tra i principali modelli agricoli sostenibili individuabili oggi troviamo l’agricoltura conservativa, l’agricoltura biologica/organica industriale e l’agricoltura biologica.

Se da una parte l’agricoltura intensiva si basa sulla monocoltura, sull’uso diffuso di prodotti agrochimici come fitosanitari e fertilizzanti, talvolta senza limitare il consumo alla reale necessità e senza preoccuparsi delle conseguenze sul pianeta, quella biologica che prevede l’utilizzo di batteri antagonisti o altri insetti per combattere i parassiti e che privilegia la fertilizzazione organica e la rotazione delle colture, potrebbe essere definita come a basso impatto ambientale e quindi più responsabile nei confronti dell’ambiente e delle risorse. Tuttavia, quest’ultima è caratterizzata da una minore resa in termini di produzione alimentare e, se rappresentasse l’unica forma di agricoltura disponibile, riuscirebbe a soddisfare circa il 50% del fabbisogno nutrizionale globale. La co-esistenza di pratiche di agricoltura intensiva, ma sostenibile e di agricoltura biologica è oggi possibile. Digitalizzazione, geolocalizzazione e connessione in rete sono le tre parole chiave che caratterizzano l’innovazione tecnologica alla base dello sviluppo sostenibile dell’agricoltura attuale e del futuro. Questa nuova frontiera definita agricoltura 4.0 o agricoltura smart permette una gestione efficiente delle risorse disponibili alle coltivazioni ottimizzando la produzione e riducendo gli sprechi e di conseguenze gli impatti ambientali. In realtà il concetto di agricoltura intensiva, ma sostenibile non è distante da quello di agricoltura biologica in quanto alla base di una corretta gestione dei terreni vi è la rotazione delle colture e l’adozione di tecniche agricole che limitino erosione e fenomeni di acidificazione ed eutrofizzazione delle acque superficiali e di falda. A tal proposito tecniche di minima lavorazione del terreno permettono di migliorare la fertilità dei suoli, favorire la presenza di microrganismi utili al terreno e contenere le erbe infestanti.

Gli strumenti per un’agricoltura sostenibile sono ormai consolidati e saranno sempre più applicati dagli imprenditori agricoli sia in Europa sia a livello globale, con l’obiettivo di ripristinare e mantenere la tutela del patrimonio agricolo disponibile portando avanti l’impegno preso con l’agenda 2030.

In aggiunta all’utilizzo di modelli agricoli sostenibili, anche il consumatore è chiamato ad intervenire, sposando modelli dietetici sostenibili, come la già citata Dieta Mediterranea, e impegnandosi nel limitare il più possibile lo spreco alimentare.

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Redatto da: Rossella Dodi – Biologa nutrizionista
Federico Froldi – Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti

Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore