Zuccheri semplici: un problema non semplice

È inutile girarci attorno, l’Umanità ha da sempre un rapporto complesso con lo zucchero, che da un lato cerchiamo e dall’altro respingiamo. I cacciatori raccoglitori africani, ancora oggi contendono il miele alle api proprio come facevano i loro antenati. Noi invece, che di zuccheri possiamo disporne senza dover litigare con nessun animale, lottiamo con noi stessi per farne a meno.

Anche le recenti linee guida per una sana alimentazione, sviluppate dal CREA-Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, mettono assieme 2 necessità: quella del nostro organismo di avere zuccheri facilmente disponibili e quella di non ingerirne eccessivamente. Il perché di questa seconda esigenza è legata al fatto che un’eccessiva assunzione di zuccheri semplici (ad esempio il saccarosio, lo zucchero che troviamo al supermercato) aumenta il rischio di diventare dapprima obesi e poi diabetici, con il corollario di un maggior rischio di carie dentale.

Ma tra questi due poli metabolici, dove orientiamo l’ago della nostra bussola nutrizionale? Le nuove Linee Guida indicano nel 15% dell’energia ingerita la nostra stella polare e nell’ipotesi di un’assunzione di 2000 kcal, queste calorie corrispondono a 75 g di zuccheri come introito massimo. Ma che genere di zuccheri troviamo negli alimenti? Il più comune è il saccarosio, estratto dalla barbabietola o dalla canna da zucchero ed è costituito da cristalli di glucosio e fruttosio legati chimicamente fra di loro. Lo troviamo in tutti i tipi di dolci e gelati, nelle torte casalinghe e lo mettiamo anche nel caffè.

Sfruttiamo il fruttosio

In molti succhi di frutta troviamo lo sciroppo di glucosio e questa molecola è lo zucchero per definizione, la cui concentrazione nel nostro sangue si chiama glicemia ed è uno dei primi parametri che guardiamo nei nostri esami del sangue. Nella frutta troviamo il fruttosio, molecola dotata di un potere dolcificante 1.7 volte maggiore del saccarosio, ma il cui consumo eccessivo determina un aumento dei trigliceridi nel sangue e del rischio di sviluppare il fegato grasso, patologia dove il deposito di lipidi all’interno di quest’organo ne riduce l’efficacia metabolica. Quanto fruttosio mangiare allora? Le indicazioni sono di non far superare i 25 grammi al giorno ai nostri figli, mentre gli adulti possono arrivare a 45 grammi. Questi valori si raggiungono con due porzioni di frutta per i bambini e tre per gli adulti. Perfettamente in linea con le indicazioni nutrizionali.

Bianco come il latte o come lo zucchero?

Con il lattosio viene a contatto solo chi consuma latticini e neanche tutti. Come il saccarosio, questo zucchero è un disaccaride, formato dall’unione di glucosio (ancora lui) e galattosio. La sua digestione da parte del nostro organismo non è un fatto scontato, richiede infatti un enzima digestivo (la lattasi) che non tutti posseggono. In questo caso, dall’assunzione di un semplice bicchiere di latte derivano dolori addominali e dissenteria. La risposta dell’industria alimentare a questa sfida ha portato allo sviluppo di latti e latticini de-lattosati, dove il lattosio è digerito dall’aggiunta di lattasi e scisso nei due componenti, il cui assorbimento non provoca problemi al nostro intestino. In aggiunta a questi alimenti resi de-lattosati dalla tecnologia, ve ne sono anche altri che hanno naturalmente tenori in lattosio molto bassi (yogurt e formaggi a lunga stagionatura), i quali possono essere consumati anche da persone che pur diagnosticate come intolleranti al lattosio, hanno comunque una produzione di lattasi che, seppur molto bassa, consente loro di gestire senza problemi bassi livelli di questo disaccaride. Non c’è quindi ragione per le persone intolleranti al lattosio di privarsi dei latticini, che rappresentano le principali fonti di calcio nella dieta degli italiani.

Quanti zuccheri mangiamo in Italia?

L’ultima indagine su cosa mangiano gli italiani, eseguita dal CREA, ha calcolato in 7.7% il contributo degli zuccheri semplici all’assunzione globale di energia. Il dato sembra in apparenza tranquillizzante, ma in realtà occorre considerare che le nostre diete sono carenti di frutta e verdura, le quali rappresentano un terzo dell’apporto di zuccheri per la popolazione italiana. L’auspicabile aumento della presenza di frutta e verdura nella borsa della spesa, implica quindi anche un aumento degli zuccheri semplici ingeriti. Aumento che può essere compensato da una riduzione nell’introduzione di dolci, gelati e biscotti. Si tratta di ridurre, non di eliminare. In quest’ottica può essere utile inserire nella nostra dieta, in modo saltuario, il consumo di prodotti dove gli zuccheri sono sostituiti da dolcificati, in modo da ridurre l’ingestione di zuccheri. Tutti i dolcificanti in commercio sono sicuri, ma, come per tutte le cose, non bisogna eccedervi, sia perché ci sono comunque delle indicazioni di assunzioni massime in funzione del peso corporeo, sia perché alcuni possono avere effetto lassativo.

Redatto da: Filippo Rossi
Ricercatore Scienze Dietetiche Applicate
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore